Località Sconosciuta
“Noi siamo la Covata!” Queste le prime parole pronunciate dalla figura in un lungo abito cerimoniale di scaglie verdi. Tutta la sua testa, bianca come il gesso, era coperta da un unico tatuaggio che la trasformava in una testa di serpente dalle zanne spalancate, con gli occhi in ombra e la lingua forcuta che terminava sul mento.
“NOI SIAMO LA COVATA!” rispose con una sola voce, a capo chino, la folla di uomini, donne e ragazzi, tutti in tunica verde, ma non di scaglie, e con il tatuaggio ridotto a una colorata impressione sulla fronte. “NOI SIAMO RINATI DAL GRANDE UOVO NELLA LUCE DEL DIO!”
La grande sala circolare in pietra era nuda, salvo per le linee runiche d’argento scolpite su tutte le pareti.
Un grande braciere, pure in pietra, ardeva al centro della sala con una fiamma bianca che lambiva l’aria come una presenza liquida. E tra le fiamme, al centro del braciere, stava un crogiolo di metallo scuro.
Il Maestro di Cerimonia annuì. “Thulsa Doom il grande, Thulsa Doom il magnifico, la voce di Set, è caduto! Ma la sua sconfitta, la sconfitta dei nostri fratelli, non sia motivo di disperazione per noi, perché ora più che mai tocca a noi portare avanti la guerra sacra per arrivare all’estinzione della Stirpe della Bestia!” Poi la sua mano guantata di scarlatto andò ad indicare il crogiolo. “L’Argentum Philosophale, il più puro dei metalli, per esorcizzare il Male che ancora cammina tra noi. Oggi, daremo dimostrazione del suo potere come mai è stato fatto finora. E quando la Tana della Bestia sarà caduta, il Dio Set tornerà a calcare il mondo!”
“LE SUE SPIRE SONO IL NOSTRO SCUDO! IL SUO VELENO E’ IL NOSTRO SANGUE!” intonarono i convenuti come un coro.
Il Maestro di Cerimonia scese dall’altare, e la folla si divise per lasciarlo avvicinare al braciere. Riflessi bianchi ballavano nei suoi occhi rapiti dalle fiamme. Senza degnare di uno sguardo coloro che lo circondavano, disse quasi in un sussurro. “Chi dona la sua vita al Signore?”
Ancora una volta la folla si separò, per lasciare passare una figura incappucciata. Nulla si vedeva del suo volto, ma quando parlò, nella sua voce c’era un odio ribollente a malapena tenuto a freno.
“Io do la mia vita al Signore. La Bestia ha portato via la mia famiglia sotto i miei occhi, e solo Lui mi ha protetto. E’ da quel momento che la mia vita è Sua. Sono pronto a rendermi degno del Suo favore.” Si mise in ginocchio davanti al Maestro. “Non temerò alcun dolore.”
“IL DOLORE E’ DEBOLEZZA! IL SACRIFICIO E’ FORZA!”
Il Maestro di Cerimonia sorrise, soddisfatto. Afferrò il crogiolo, poi lo avvicinò alle labbra dell’adepto. “Questo è il tuo battesimo. Sarai il primo di una stirpe nuova, che darà voce alla nostra sete di vendetta. Apri la bocca, accogli il dolore, accogli il tocco del Dio. E distruggi i distruttori!”
L’adepto aprì la bocca. I suoi occhi si fecero estatici alla vista del metallo ribollente pronto a scendere nella sua gola. I suoi ultimi pensieri coerenti andarono a quella notte maledetta, ai genitori e alla sorella che giacevano al suolo, sventrati, mentre il mostro si cibava delle loro carni…
MARVELIT presenta
Episodio 15: Le spire della guerra
Di Valerio Pastore
Isola di Santuaria, Oceano Atlantico
La prima squadra degli Shogun Warriors consisteva di tre super robot – Raydeen, Danguard A, e Combattler V – e di altrettanti piloti: Richard Carson, Ilongo Savage e Genji Odashu. Insieme, uomini e macchine, in perfetta simbiosi, dalla loro originale base giapponese, lo Shogun Sanctuary, avevano difeso il mondo dalle mire di nemici come l’alieno Maur-Kon, e il terrestre Dottor Demonicus.
Ma la loro avventura non si era conclusa per il meglio. La base era stata distrutta, e così i loro robot, da un proditorio attacco a sorpresa.
Ma non era finita: tempo dopo, nuovi robot apparvero sulla scena, e con essi nuovi piloti: il sestetto del Team America (sette, se si contava la sorella di uno dei membri), che dalle corse di moto passò alla guida di ben altre macchine. Un’avventura che era ben lungi dal concludersi.
A loro si era poi unito il trio originale. E, oggi, tutti facevano il tifo per la nuova candidata, una donna che, stanca di essere ‘la ragazza che aspettava il ritorno del suo uomo dalla battaglia’, aveva insistito a tal punto che ai direttori di Santuaria, i cosiddetti ‘Quattro Professori’, restavano solo due opzioni: sparaflasharla o metterla alla prova.
La seconda decisione si era dimostrata la più saggia.
“Per me ha a che fare col mare,” disse Leonard Hebb.
“In che senso?”, chiese la moglie, Georgianna S. Castleberry, senza neanche voltare la testa dallo spettacolo del simulatore.
Non meno affascinato dalla visione del Trider G7, che faceva piazza pulita dei nemici manovrando con una scioltezza decisamente invidiabile per una novellina, lui rispose, “E’ praticamente nata in mare, giusto Ilongo? Scommetto che nuotava coi delfini e scalciava c&%i agli squali quando era in culla. Pilotare diventa cosa da niente, a quel punto.”
L’uomo di colore annuì distrattamente, gli occhi ancora sbarrati dalla sorpresa. “Ma dove è stata tutto questo tempo?”
Sullo schermo, l’ultimo mecha nemico divenne una nuvola di fuoco e detriti. Al centro dello schermo, apparve la scritta MISSIONE COMPLETATA. TEMPO: 10M., 38 S. DANNI RIPORTATI: MINIMI
Luke Merriweather, detto ‘Cowboy’ non tanto per il suo caratteristico cappello bianco, quanto per la sua avventatezza in battaglia, fischiò ammirato. “E non ha neanche usato l’Aquila di Trider. Lobo, vecchio mio, quella potrebbe essere capace di toglierti il posto su Mazinger Zero.”
Tra tutti i piloti, El Lobo era l’unico a mostrare le caratteristiche mentali per pilotare i robot della classe-Mazinger. Erano macchine che richiedevano un pilota dalla volontà d’acciaio e dalla resistenza superiore. Zero era il Mazinger definitivo, più un mostro che una macchina. Era l’equivalente di un’arma del giorno del giudizio, e persino i Professori erano stati chiari: era l’ultima risorsa, e il suo uso prolungato poteva corrompere il pilota –e in tal caso, non ci si sarebbe più dovuti preoccupare del nemico, Zero avrebbe distrutto tutto!
E all’osservazione di Cowboy, senza dire una parola, Lobo mostrò il dito medio, scatenando l’ilarità generale…
Lo sportello del simulatore si aprì, e Judith Johns emerse tra gli applausi. Si tolse il casco, e si fece aria con la mano. “Voi siete pazzi, ragazzi. Come si fa a passare più di un quarto d’ora con casco e tuta in uno di quei cosi? Mai sentito parlare di aria condizionata?”
“E’ solo l’emozione, pupa!”, fece il rosso malpelo, di nome e di fatto, Winthrop ‘R.U. Reddy’ Roan, dandole una manata sulla spalla che la fece barcollare. “Chiedi a mia sorella di prestarti il Ryger. Scommetto che lo sentirai come un guanto.”
La donna afroamericana ricambiò la manata, facendo barcollare lui. “Lo terrò presente, bambolo.”
Una sirena suonò nella stanza, seguita da una voce femminile. “Piloti, presentatevi in sala riunioni.”
“’Per favore’ non esiste più?” chiese Judith.
“Dovresti sentire il vecchio quando fa gli annunci, i telegrafisti erano più loquaci.”
James McDonald fu il primo ad entrare di corsa. “Qual è l’emergenz—Uao!” si fermò di colpo e lo stesso fecero gli altri.
I quattro creatori degli Shogun Warriors, nonché direttori della Base e delle operazioni, i Seguaci della Luce, sedevano alla testa rotonda del grande tavolo a forma di Ankh.
“Prego, Warriors, prendete posto,” disse con tono affabile Charn, il più corpulento dei quattro, dai tratti asiatici e il volto solare.
Otto uomini e tre donne obbedirono, senza smettere di guardare l’ologramma a dimensione naturale che sedeva ad un posto virtuale: rappresentava una donna…pardon, una femmina di sciacallo antropomorfa dalla rada pelliccia bianca, un abito cerimoniale rosso e oro, e occhi dipinti di scarlatto.
Quando tutti furono seduti, Charn si rivolse all’ospite. “Prego, Ambasciatrice.”
La femmina si rivolse ai piloti con una voce cristallina e pacata. “Io mi chiamo Anubia, e sono l’Ambasciatrice dello Stato Autonomo di Arcadia. Fino a poche settimane fa, eravamo solo la città di Lykopolis.”
Lykopolis, la Città dei Lupi, che da poco più di un anno era letteralmente comparsa sulla scena nel cuore dell’Egitto, diventando in breve tempo la residenza di quasi tutti i licantropi del mondo. Una città assediata sotto tanti aspetti, tra nemici soprannaturali e politici…
“I recenti avvenimenti, culminati con un attacco dei servi del Serpente, ci hanno spinto a riorganizzarci politicamente, e ad aprirci al resto del mondo. Cerchiamo riconoscimenti, ma soprattutto alleati. Da parte nostra, siamo disposti a condividere le nostre tecnologie per implementare i vostri sistemi di battaglia. In cambio, chiediamo che almeno una delle vostre prodigiose macchine venga in nostro soccorso se ciò dovesse rendersi necessario. Se mi scusate la franchezza.”
Il più anziano dei Professori, il Dott. Tambura, annuì. “Cosa avete in mente, in termini di ‘implementazione’?”
L’ologramma mosse la mano su una tastiera invisibile. “Vi ho appena inviato dei progetti per l’uso di una nostra creazione, la Materia Spirituale. So che sembra un controsenso, parlando di tecnologia, ma nel in questo caso le due cose sono molto più vicine di quanto pensiate. In particolare, il dispositivo”
I professori studiarono attentamente una proiezione di dati che per i piloti era l’equivalente del sumero. Ai loro superiori, invece, si accesero gli occhi come bambini a Natale.
“Un’intera, nuova generazione di robot,” sussurrò Sherna. L’algida scienziata sembrava positivamente innamorata.
Il più giovane del quartetto, il Dott. Basque, si morsicò il labbro inferiore come faceva di fronte ad una sfida degna di lui. “Come Seguaci della Luce, cerchiamo di non prendere parte attiva nei problemi politici: noi difendiamo il mondo dalle minacce di una certa gravità, non…interferiamo nei problemi locali, ma ecco cosa potremmo fare: voi ci date la materia spirituale, noi vi daremo una linea di Mobile Armor Suit che, prodotta in serie, vi garantirà una prima linea difensiva e offensiva estremamente efficace contro qualunque esercito. Ma potrete sempre contare su di noi. Che ne dite, signori?” Chiese ai suoi colleghi.
Tutti annuirono.
Anubia sorrise, soddisfatta, ed espose la gola in rispetto. “A nome di Arcadia tutta, vi ringrazio. Aspettiamo con impazienza i risultati.”
Tambura chiese, “Ambasciatrice, cominciamo dalla fonte di energia. Cosa pensate di usare per queste macchine, che potete procurarvi ed installare a costo ridotto?”
Anubia ridacchiò. “Sul ‘costo ridotto’, non saprei, ma disponiamo di una generosa scorta di cubi fotonici della Zona Negativa.”
Gli scienziati sobbalzarono metaforicamente sulle sedie. “Avete un portale per la Zona Negativa?” chiese Charn, infilando le mani di riflesso nella giacca, estraendone pipa, tabacco e fiammifero. Segno che si stava eccitando parecchio.
Anubia annuì. “Lo usiamo come…uscita di emergenza, per così dire, e per missioni di esplorazione scientifica.”
Marcia Winthrop sollevò la mano. “Senza offesa, Ambasciatrice, ma…cosa vi impedisce di usarlo per, ecco…” si sentì stupida ancora prima di finire la frase.
“Andarcene?” la sciacalla finì per lei. “Potrei rigirarle la domanda, Ms. Winthrop: l’umanità potrebbe andarsene dalla Terra o inviare almeno metà della sua popolazione nella Zona. Esistono altri portali, dopotutto, ma…” Non ebbe bisogno di completare la frase.
Tutti là dentro sapevano che aveva ragione: quando hai una casa dove vivere, non te ne vai a meno che non sia davvero necessario. In pochi avrebbero accettato di andarsene volontariamente, forse per sempre, dal posto dove erano nati, per imbarcarsi in un universo sconosciuto. E meno che mai lo avrebbero fatto per legge. I lupi non erano meno orgogliosi o meno territoriali, avevano la loro patria, avevano versato sangue per essa. Era l’umanità che doveva comprendere la loro posizione ed accettarli, non dovevano fuggire come se fosse colpa loro di esistere.
“Le porgo le mie scuse a nome di Ms. Winthrop,” disse Tambura. “Ora, a meno che non ci sia qualcos’altro—“
“Ambasciatrice?” stavolta a sollevare la mano fu El Lobo. “Una cosa ci sarebbe… Se ho capito bene, accogliete sempre nuovi cittadini della vostra specie, giusto?” E sì, il tatto non era proprio il suo forte.
Lei mantenne la sua espressione da sfinge. “E’ corretto, umano.”
A lui quasi tremò la voce, nel dire, “Vorrei proporvi un candidato.”
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Un quarto d’ora dopo, El Lobo, fermo davanti ad una porta scorrevole, parlò nel comunicatore nel polso. “Ola, chico. Posso parlarti un minuto?”
La porta si aprì.
Come in ogni stanza che si rispettava di 9 teenager su 10, le pareti erano coperte di poster, con qualche libro che stentava a conquistarsi uno spazio insieme ai memorabilia.
L’unicità della stanza era nel tema: immagini e souvenir erano in un modo o nell’altro legati al primo supergruppo lupino, il Power Pack.
E in questo caso, ciò rifletteva la natura dell’abitante di tale stanza, in quel momento seduto a un tavolo da disegno, concentrato sulla sua opera: un lupo grigio antropomorfo, grande quanto un quattordicenne.
Rover era stato geneticamente modificato in vitro dall’Hydra, insieme ad altri animali, per essere un’arma vivente, parte di una stirpe di carne da cannone di nuova concezione. Scappato dai suoi aguzzini, Rover era scampato per un soffio alla morte, grazie all’intervento di Occhio di Falco. Tempo dopo, fu nuovamente salvato, stavolta dal Team America, e fu da loro adottato come mascotte. Era stata la decisione giusta, la povera creatura era di fatto sola, e la sua peculiarità equivaleva a un cartello sulla schiena con su scritto ‘catturatemi’.
Rover si era adattato subito alla vita su Santuaria. Era dotato di una brillante intelligenza, aveva imparato a leggere e scrivere, aveva imparato il linguaggio dei segni, e si era rivelato un promettente artista.
L’opera in corso rappresentava lui in fiera posa da ululato sul palmo del Mazinkaiser. Appena la porta si fu chiusa, si voltò verso Lobo e gesticolò, <Come posso aiutarti?>
L’uomo si sedette sul letto, imitato dall’amico. “Ti abbiamo trovato casa.” Un’altra ragione per cui apprezzava il pelosetto era che entrambi detestavano i giri di parole e le mezze verità.
Rover sbatté gli occhi, incredulo. <Questa è casa.>
Lobo scosse la testa. “Nah, una molto migliore. Un posto tutto tuo, a Lykopolis—Erk!” poteva sembrare gracilino a prima vista ma Rover era fatto di muscoli belli forti, senza un filo di grasso. Il suo abbraccio mise a dura prova l’ossatura umana, mentre squittiva come una ragazzina.
<Dal Power Pack? Tutti i lupi? Branco grande? Tanti fratelli e sorelle?> Gesticolava a tale velocità che si faticava a capire.
Lobo finse una faccia indignata. “Ah, è così, eh? Neanche un ‘ma-come-mi-mandate-via?’, neanche un ‘non-voglio-andarmene-papà!' Bella riconoscenza, traditore!” In realtà, si sentiva ancora più in colpa per avere rimandato per più di un anno quel momento. Non lo aveva mai visto così felice.
L’uomo gli accarezzò la testa. “Scherzavo. Sì, è proprio ora che tu viva la tua vita, giovanotto. Metti insieme quello che vuoi, andremo col Great Mazinkaiser. Voglio fare capire a quei pulciosi che se qualcuno solleva un’unghia contro di te, lo schiaccio come un acino. Heh.”
Rover gli fece una pernacchia. <So difendermi!>
Lobo rise e gli diede un finto pugno sulla spalla. “E vuoi che non lo sappia? Ti hanno insegnato i migliori.”
Il lupo fece un verso a metà tra un latrato e una risata. Scese dal letto e si diresse verso la porta.
Lobo si alzò a sua volta. “Sicuro di non volere portar via niente?”
<Questa è tana vecchia ora. Vecchia vita. La vecchia vita non segue quella nuova.>
Lobo roteò gli occhi. “Anche il filosofo Jedi mi fa… Dai, almeno saluta gli altri. Lo sai che ci mancherai un botto, vero?”
<Lo so. E vi sono grato. Volevo andare davvero laggiù. Non volevo sembrare irriconoscente.>
“E allora ti dobbiamo tutti delle scuse, cucciolo, per averti costretto ad aspettare. Ma non dimenticarci…”
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Centro Militare Asena, Lykopolis
…perché per te ci saremo
sempre.
Dentro di sé, Sir Wulf, Alfa del Power Pack, ringraziò la saggezza di avere scelto una Nuova Donna come Ambasciatrice. Nonostante il suo profondo disprezzo per l’Alto Evoluzionario, il lupo rosso in armatura, un Nuovo Uomo egli stesso, doveva ammettere che la sua gente era un ponte migliore tra il mondo dei mannari e quello umano. La visione del super-robot nero e bianco dalle enormi ali rosse che atterrava con un getto di repulsori che scatenava un forte vento, gli faceva capire quanto fosse importante avere simili macchine quali alleate. La sola notizia, corredata del filmato dell’arrivo di un super-robot, avrebbe scoraggiato gli eserciti degli umani dal tentare un attacco.
Il suolo tremò leggermente al momento dell’atterraggio. Le ali dello scrander si ritirarono, insieme all’apparecchio, nella schiena del robot per grazia delle particelle Pym.
Pochi istanti dopo, una porta scorrevole si aprì nel colossale piede destro…E una specie di ombra schizzò fuori talmente veloce che Sir Wulf ebbe appena il tempo di registrarne il movimento, prima di trovarsi buttato a terra, il muso oggetto di strofinii e baci.
“Le presenterei Rover, signore, ma credo che lo abbia già fatto da solo.”
A fatica, il capobranco spostò l’esuberante giovane creatura. “Ehilà, sei forte per essere un cucciolo, eh? Uff!” si ritrovò abbracciato con una forza insospettata.
“E’ un suo grande ammiratore,” disse Lobo.
Wulf riuscì a rimettersi in piedi. “Allora è lui Roverfreewolf che mi scrive tutte le settimane! Non sei di molte parole, ma ne hai tante dentro!”
Rover annuì freneticamente. <Dov’è la mia tana? Posso annusare tutti? Posso far branco con qualcuno?>
Wulf rispose con le parole e coi segni. “La tana di un lupo è dove se la sceglie. Puoi annusare chi vuoi e fare branco con chi vuoi ma sii educato…> E fu di nuovo abbraccio.
El Lobo rise di gusto. “Ah, è uno specialista nell’ottenere quello che vuole con le domande indirette. Mi sa che sapeva fin dall’inizio con chi voleva stare.”
Wulf sospirò, accarezzando contropelo il collo del suo nuovo amico. “Se tanto ci tie—“ E in quel momento, un suono simile ad un ululato riempì l’aria. A Rover si drizzarono i peli e snudò i denti in un’espressione tremenda.
“Siamo sotto attacco!” disse Wulf. Attivò il proprio comunicatore. “Torre, che succede?”
Dalla Torre di Babele, il centro dell’intelligence di Arcadia rispose l’ologramma di un tecnico in forma ibrida. “Alfa, abbiamo un fenomeno innaturale in rapido avvicinamento da Sud, ETA 1 minuto. Abbiamo innalzato la barriera. Invio le immagini.”
L’ologramma ora mostrava il confine sud della città…e il tornado che, fenomeno impossibile in quel luogo, sollevando una mostruosa nuvola di sabbia, correva verso di esso! E al suo centro, brillava con una pulsazione intermittente… “Non siamo ancora in grado di identificarne i parametri, a parte che è enorme, e che è solida, e le fluttuazioni quantiche indicano che è la fonte della manifestazione.”
Wulf ebbe voglia di prendere a morsi l’ironia della situazione, ma era anche ora di mostrare che questo nuovo nemico aveva sbagliato obiettivo—
“Ci penso io!” esclamò Lobo, mettendo una mano sulla spalla del lupo. “Scherzi a parte, so che siete tosti, o non avrei accettato di portare Rover fin qui. E poi adesso siamo alleati, no? Mi faccia divertire un po’, le farò vedere di cosa è capace uno Shogun Warrior!”
Wulf non esitò nel rispondere. “D’accordo, guerriero. Mostraci cosa fa ribollire il tuo sangue.”
L’umano si mise il casco. “Puoi scommetterci.” Ritornò di corsa a bordo del robot.
Pochi istanti dopo, Great Mazinkaiser piegò le gambe come per spiccare un salto…e così fece, innalzandosi coi soli propulsori dei piedi per duecento metri, prima che le ali si spiegassero. “PRONTI AL COMBATTIMENTO!” E si diresse verso il suo obiettivo.
Attraversando la città a volo radente, Lobo poté apprezzarne le ampie piazze e le larghe vie alberate. Se il combattimento fosse arrivato in città, avrebbe avuto uno spazio di manovra migliore che, per esempio, a NY…ma quegli edifici enormi… Se fossero stati abitati al pieno delle loro capacità, la distruzione di uno solo avrebbe causato perdite devastanti…
Le mani del pilota serrarono più forte la cloche. “Amico mio, hai scelto il giorno sbagliato per farti assemblare…Ah!”
Eccolo! Il tornado si accaniva contro la barriera, emettendo tanto di scariche di energia! “Spero che sia una barriera robusta, gente!”
“Finché abbiamo energia, è impenetrabile…ma sta usando della magia. Calibrare continuamente la barriera su quelle microfluttuazioni della realtà assorbe molta più energia, rischiamo un sovraccarico.”
Traduzione: meglio portare quel coso ben lontano dalla città! “OK, al mio segnale, abbassate la barriera! Pronti?”
3
“Turbo…” I pugni ben chiusi gli avambracci del Great cominciarono a ruotare…
2
“Smasher…” Raggiunsero subito una velocità forsennata.
1
“DRIIILL!!” Gli avambracci partirono come missili! GIU’!”
La barriera si dissolse. Per un momento, il mostruoso tornado varcò i confini della città…salvo venire colpito immediatamente da quei pugni che fendevano l’aria come vortici a loro volta. I pugni scomparvero nella sabbia vorticante.
Si udì un tremendo ruggito, mentre il tornado esplodeva in una nube incoerente di sabbia.
Mazinkaiser si fermò a mezz’aria, mentre i pugni tornavano nei loro alloggiamenti.
Lobo schioccò le dita. “E questo,
signore e signori, è come facciamo le cose da noi…” Ma il suo trionfo fu di
breve durata, e fu subito rimpiazzato da un senso di orrore. “No…”
Attraverso l’ultima
sabbia che cadeva, era perfettamente visibile la figura di un ragazzo, immobile, privo di conoscenza,
con indosso solo un paio di slip.
“Lo vediamo anche noi,
Kaiser,” disse la Torre. “Fai attenzione! E’ una trappola, un’esca per attirare
la tua attenzione! Le microfluttuazioni—“ ma qui Lobo tolse la comunicazione.
“Ci puoi scommettere
che l’hanno attirata! Dite quello che volete, ma i ragazzi non li ammazzo!”
Lobo fece atterrare il robot.
Il Fire Condor si staccò dal cranio del
Kaiser e andò ad atterrare vicino al corpo. La calotta si aprì e Lobo scese con
un salto. Signore, fai che sia ancora
vivo, Signore, fai che sia ancora…
Si chinò sul ragazzo e
ne sentì le pulsazioni. Una volta, Lobo aveva accidentalmente ucciso un altro
essere umano, e anche se, da quando era un pilota, aveva dovuto spargere sangue
nemico, quella era una guerra e lui aveva giurato di difendere i suoi amici ed
alleati a qualunque costo…ma a sangue freddo lui
non uccideva.
Lobo era troppo
agitato per realizzare che avrebbe potuto almeno usare i sensori di bordo per
esaminare la sua ‘vittima’, prima di abbandonare il Kaiser, ma ora importava
solo… “Sì!” Pulsazioni forti e regolari, era vivo! “Torre, preparate una
squadra medica, abbiamo un ferito! E’—“ poi vide che il ragazzo aveva gli occhi
aperti. E sorrideva.
Con un sorriso a
labbra serrate, crudele.
“Avete un morto,” disse. Il suo braccio si
trasformò in una lancia metallica…
Lobo non sentì neanche
dolore, sul momento: era troppo incredulo per capire. Sapeva solo che se il
ragazzo non gli avesse sorriso, regalando al suo cervello quel prezioso istante
per capire il pericolo, il suo cuore…
Poi il ragazzo si alzò
in piedi, con la lancia ancora conficcata nella spalla del pilota. Lobo urlò!
“Non credere che ti
mostrerò pietà, traditore,” sibilò l’altro, fissandolo con odio puro. “La tua
morte sarà di esempio per tutti i seguaci della Bestia!” Estrasse la lancia
dalla spalla sinistra. Come liquido, il metallo si trasformò rapidamente in
un’ascia argentea. La sollevò.
A denti stretti, una
parola sola uscì sottovoce da Lobo. “Axelot.”
Calò il colpo.
La lama ne incontrò
un’altra!
La crudeltà si
trasformò in sorpresa. “Cos..?”
Al posto di Lobo ora
c’era un uomo in un’armatura d’ebano, la testa coperta da un elmo nero e
piatto, senza aperture! E nella mano destra stringeva una lama che irradiava
luce.
“Sorpresa, buffone!”
Axelot, il gestalt di tutti i piloti, scattò in piedi e spinse via facilmente
il nemico. “Ora siamo alla pari, ragazzino! E’ chiaro che hai le idee confuse,
hai bisogno di—“
“Aiuto!?” L’altro si
mise in piedi. “Stavi per dire questo? Sono già
stato aiutato, grazie!” Tornò il ghigno folle. “La Bestia ha mangiato la mia famiglia, mio padre, mia
madre, la mia sorellina! Li ha mangiati sotto i miei occhi mentre mi fingevo
morto e li sentivo urlare!”
Sotto l’armatura, Lobo
spalancò gli occhi. Che diavolo stava…
“Avevo solo sei anni,
e girai di famiglia in famiglia prima che il Dio Set mi mettesse in quella giusta.”
---
Torre di Babele
“Di nuovo quel
mostro…” Wulf serrò il pugno. Credeva che liberandosi di Thulsa Doom si fossero
liberati dei seguaci più pericolosi. Ovviamente, si era sbagliato.
Era ora di
intervenire. “Adesso è personale,”
---
“Loro mi hanno
insegnato!” Parlava ed attaccava, attaccava con tutta la forza e la velocità
del proprio odio, e Axelot stentava a tenerlo a bada. “Loro mi hanno spiegato tutto! E ho abbracciato la vera fede del
mio Salvatore, come tutti gli altri! E ho bevuto l’argentum philosophale di mia
spontanea volontà e sono stato trovato degno!”
Affondo. Il braccio-lancia colpì il fianco sinistro…e rimbalzò. Ma l’impatto fu
comunque sufficiente a rispedire a terra il cavaliere nero.
“Metallo stregato
invulnerabile, eh? Bene…” In un lampo di luce, al posto del ragazzo seminudo e
folle c’era un colosso dalla corazza d’argento sopra un corpo di scaglie verdi,
dalla testa serpentina!
Ma la componente più
grottesca di quell’apparizione era la ghignante testa umana che sporgeva dalla gola del Mostro Sacro Karukk. “Vediamo se il tuo giocattolo è forte come la
tua corazza, traditore!”
Axelot ebbe modo di
darsi dello stupido per l’ennesima volta –il ragazzo lo aveva spinto lontano
dal Condor! Non avrebbe fatto in tempo a salire a bordo. Meglio morire ora: i Prof mi uccideranno per questo!
Karukk sollevò il piede.
“ADDIO!” E lo calò!
Un’ombra oscurò il
sole. Si udì un mostruoso suono di metallo spezzato e ossa e muscoli lacerati.
La gamba di Karukk,
dal ginocchio in giù, volò via, atterrando lontano dal Fire Condor, sollevando
una nuvola di sabbia.
“NNOOOOO!!!” Il mostro
urlò con la voce di un ragazzino isterico, terrorizzato prima ancora che
dolorante. “No no no no no…per favore no…”
Ma non era difficile
avere paura della tremenda figura di un gigantesco lupo di ghiaccio, che avanzava verso di lui piano, a zanne serrate.
“Ascoltami, mortale, e
trema, perché sono Hoarfen, il più
potente dei Figli di Fenris! Non hai
a che fare con un pavido umano, ora!”
Mentre tornava al Condor,
Axelot vide la gamba tranciata sciogliersi come un cubetto di ghiaccio…e scorrere verso il suo padrone. Un fottuto Terminator, ci mancava pure
questa!
Il lupo spiccò il
balzo!
Karukk spalancò la
bocca, e un getto di liquido smeraldino investì in pieno il suo bersaglio!
Accecato, sorpreso,
Hoarfen mancò il nemico e rotolò a terra, uggiolando.
L’arto liquido si
riunì al corpo, si solidificò. Karukk si alzò in piedi. “Parli tanto, mostro.
Vediamo come ti piace il veleno del mio Signore! Non c’è animale che possa
resistere al suo toco…eh?”
Hoarfen si era alzato
in piedi…e si scrollò come un grosso cane. Ghiaccioli di veleno caddero
ovunque, lasciandosi dietro un lupo senza la minima ferita!
Hoarfen avanzò verso
il nemico. “Forse il tuo sputo può far male ad un maledetto, ma ignori una cosa, mortale…” la sua trasformazione in
una creatura bipede fu istantanea, come il pugno
che sollevò da terra il suo nemico con un suono
come una detonazione! “IO SONO UN DIO! E
TU MI PORTERAI RISPETTO!”
Cessato il pericolo,
l’armatura di Axelot scomparve, e Lobo si ritrovò seduto nella cabina senza più
la forza del gestalt a sostenerlo. Il dolore della ferita ancora aperta era
orribile, sentiva a stento il braccio sinistro e ogni movimento era agonia.
La calotta della cabina
si chiuse. Si accese lo schermo virtuale. “Lobo, sei impazzito!? Che stai combinando??”
Lui ansimava. Dal kit
di emergenza si stava applicando un tampone cicatrizzante, per quel che serviva
su una ferita che gli trapassava la spalla... “Sì, sto bene, Doc. Lieto che…me
l’abbia chiesto…”
“Essere consolato non
ti servirà a molto in questo frangente. Ora rientra alla base, lascia che a
gestire questa crisi sia—“
“No.” Anche parlare
gli faceva male. Quanto sangue stava perdendo? “Sono solo stato preso di sorpresa,
ma gliela dò io una bella sculacciata.”
“Come hai fatto poco
fa? Basta così poco a ‘sorprenderti’? E’ così che lavorano i seguaci di Set,
puntano alle debolezze dello spirito!”
“E’ un ragazzino, Doc,
non un supercrimi—“
“E’ un nemico, un emissario che ha donato tutto
sé stesso a forze che vanno oltre la tua idea di redenzione! Non puoi salvarlo,
Lobo. Puoi solo regalargli una veloce dipartita da questo mondo.”
Lobo cominciava a
pensare di stare impazzendo –non aveva mai
sentito parlare la testa d’uovo a quel modo. Chi era veramente il
‘posseduto’..?
E fu lì che Tambura
sembrò ritrovare la sua compostezza. “Ascoltami: so quello che dico, non da
scienziato, ma da Seguace della Luce.” Sullo schermo, anche gli altri
professori annuirono gravemente. “Conosciamo
Set, da tanto tempo, e conosciamo i
suoi seguaci. Quel ‘ragazzo’, come lo chiami, non ha più neanche un nome, non
ha niente di umano a cui appellarsi. Vive solo del suo odio, e non si fermerà
fino a quando non avrà compito la sua missione di sterminio. E’ questo che
vuoi? Lasciarlo fare fino a quando Lykopolis non sarà distrutta e con essa
tutti i suoi abitanti? Per non sentirti in colpa?”
Lobo non ebbe
difficoltà ad immaginarsi la scena di distruzione…i morti…e Rover tra di essi…
L’uomo serrò i denti.
“Fire Condor…” premette un pulsante. “Accensione!”
Finalmente, Karukk
riuscì a staccarsi il lupo di dosso, anche se gli costò un pezzo di spalla
rimasto tra le gelide zanne –ma non importava, il dolore era per i deboli!
Aveva ceduto alla paura solo una volta, non
sarebbe successo di nuovo!
Hoarfen atterrò in
piedi, sputò il suo boccone e tornò quadrupede per gettarsi sul nemico!
Le braccia di Karukk
si estesero a dismisura! Divennero due viluppi
che subito strinsero il lupo in una morsa invincibile! “Forse il tuo corpo può
resistere al veleno, ma vediamo come se la cavano ora le tue ossa! Più lotti, più si stringerann—“
“GREAT BOOMERANG!”
Nel momento in cui quelle due parole riecheggiarono nell’aria, un disco tagliò le braccia come burro!
Karukk cadde all’indietro
mentre di nuovo le braccia serpentine si fondevano.
Il ‘disco’ tornò nella
mano che lo aveva lanciato, rivelandosi la piastra a ‘V’ del Mazinkaiser!
“Io e te abbiamo un conto
in sospeso, ragazzino!” Il robot rimise la piastra sul petto.
“Hai ragione!” disse
il volto umano mentre Karukk si ricostruiva. “Dovevo eliminarti prima… Poco
importa, lo farò con entrambi e subito!” Intorno al mostro, tornò la tempesta,
più estesa di prima, ed avvolse lupo e macchina sbattendoli come foglie al
vento!
Nel simulatore, Lobo
ne aveva passate di peggio, ma mai conciato a quel modo. Il robot era forte
solo quanto la determinazione del pilota, e lui si sentiva svenire mentre
doveva sopportare la pressione G di quella rotazione… Voleva solo…dormire un
po’…
“Rover…piccolo…”
Spalancò gli occhi!
Karukk rideva come un
folle. “Allora, pensate ancora di potermi sconfiggere, voi inutili parassiti?!?
SET TRIONFERA’, E VOI—“
Una nuova nube si
formò in cielo, ma stavolta non ad opera sua. Il volto umano incastonato nella
carne artificiale osservò con curiosità. “E adesso che trucchetto credete di
fare? Non importa, il mio vortice vi smembrerà!”
La nube divenne nera
come l’inchiostro. E la voce del robot scosse il cielo. “GOD…”
---
“Ma è folle!?”
L’operatore non credeva alle letture dei sensori. “Sta accumulando un
potenziale elettromagnetico assurdo! Ma quella creatura è fatta di un metallo
superconduttore! Non servirà a niente! Gli darà solo altra forza! Alfa, cosa
facciamo..?” Ma vide che Sir Wulf stava sorridendo.
“Osserviamo,” disse il
lupo rosso. “L’umano può avere capito qual è il suo punto debole.”
---
Una tempesta di fulmini cadde nel vortice
facendo tremare l’aria come non mai!
“…THUNDER!”
E dal vortice emerse
un'unica, mostruosa saetta di pura furia elementale!
Bersaglio: il volto umano!
Il Mostro Sacro urlò,
urlò, urlò ancora la sua interminabile agonia mentre tuta la furia del cielo si
riversava sul suo cuore! Il vortice si arrestò, mentre lui cercava di restare
in equilibrio, barcollando all’indietro…cadendo, le mani a reggersi la parte
offesa.
Lupo e robot
atterrarono in piedi.
Lobo ansimava, ma
toccava a lui ghignare di soddisfazione. “Prima lezione, moccioso: mai mettersi contro un professionista!
Ehi, bestione?”
“Dimmi, guerriero.”
“Oltre a sembrare un
pupazzo di neve, sai anche sputare ghiaccio?”
“Sono il signore dei
ghiacci delle terre di Jotunheim.
Certo che controllo il gelo!”
“Allora, al mio
segnale, non risparmiarti…” Mazinkaiser sollevò le braccia in posa plastica. “GREAT BLASTER!”
La piastra a ‘V’ sparò
un mostruoso raggio termico. 60.000°
di pura distruzione!
Karukk ne fu investito
in pieno mentre era ancora in ginocchio, la mano a difendere il volto umano. In
pochi secondi, il suo corpo divenne rosso. La sabbia intorno a lui divenne
vetro liquido, come lo spargimento di un lago.
E nonostante questo,
stava cercando di rialzarsi!
Non c’era più nulla di
umanamente riconoscibile in quella massa ustionata e semiliquefatta, ma ancora
parlava. “E’…inutile…l’argentum regge a tutto, finché il mio cuore è…puro…”
Tutto quello che disse
il ‘Kaiser fu, “Mettilo a tacere per sempre, Hoarfen!” E spense il raggio.
Il gigante spalancò le
fauci, e da esse scaturì una tempesta a temperature prossime allo zero
assoluto! Lo shock termico fece il resto, trasformando il nemico in una massa
immobile, venata di crepe, coperta da uno strato di ghiaccio duro come il
diamante.
Lobo annuì. “Ripetilo
a mamma fisica. E ora, perché tu non possa di nuovo giocare al T-1000…”
“GREAT TORNADO!”
Stavolta fu Great Mazinkaiser a generare il suo vortice, dalla griglia della
bocca –anzi, tre vortici di
indicibile potenza corrosiva. Fu questione di secondi, vedere Karukk
trasformarsi in finissima polvere dispersa ai quattro venti, senza potersi
ricomporre.
Il lupo si rivolse al
robot. “Devo ricredermi su di te, mortale. Invero la tua presenza si è rivelata
determinante in questa gloriosa caccia.”
Mazinkaiser annuì. “Ti
devo la vita…bello…davvero, io…uh…” e cadde in ginocchio.
Hoarfen roteò gli
occhi, esasperato. “La carne è debole.”
---
Santuaria
“Maur-Konn non scelse la Terra a caso. Eoni fa, fu attratto dal suo
crocevia dimensionale, nonché da un portale interdimensionale creato sulla Luna da una razza sconosciuta.
“Ma non avrebbe potuto
creare la base del proprio impero, non sarebbe riuscito a creare un esercito di
Seguaci dell’Oscurità, senza l’aiuto di Set e dei suoi alleati, i Devianti.
“Fu durante le prime
battaglie, che apprendemmo dell’antica inimicizia tra il Serpente e il Lupo, e
i Seguaci della Luce forgiarono una salda alleanza coi nemici di Set. E fu
grazie a questa alleanza che essi riuscirono a guadagnare il tempo necessario a
costruire una base migliore, giganti più potenti come il Mazinger Knight e i primi Golem.
“Fu grazie a tale
alleanza, che lo Stargod poté
scacciare i mostri devianti da Altroregno.
“Ma anche dopo la
guerra che liberò questo mondo dall’oscurità, i Seguaci della Luce non persero
del tutto i contatti con i vecchi amici, e sebbene le circostanze ci abbiano
tenuti lontani nostro malgrado, per questo abbiamo accettato subito di
riformare l’antica alleanza. I Seguaci dell’Oscurità non sono estinti, e ora
Set ha dei nuovi fedeli, molto determinati.”
“Già,” fece Lobo dal
letto dell’ospedale. “L’AVLUP. Associazione Vittime della Luna Piena. Mi
verrebbe da ridere.”
“Quelli sono solo
burattini,” disse Sherna entrando nella visuale dello schermo. “Dobbiamo
trovare chi li manovra, chi li mette insieme. Trovare i loro nidi e
distruggerli, come facemmo allora.”
“Buona fortuna,
allora, Professori,” disse Reddy, che come gli altri membri dell’ex-Team
America sedeva al capezzale del ferito. “Il mondo è cambiato forte da allora.
Quelli possono essere dappertutto, collegati dal filo rosso di Internet. Non
hanno più bisogno di chiudersi in un castello diroccato circondato da un
fossato di squali.”
Tambura annuì. “Ne
siamo cosci. Ma per quanto possano essere dispersi, hanno due nemici: i lupi, e
noi. Qualunque cosa vogliano fare, dovranno venire da noi e da loro. E sarà
studiando i loro attacchi, i loro membri, che arriveremo al loro cuore.”
“Quindi, nuova
guerra?” chiese McDonald.
“Sì. E più che mai,
senza requie.”